(da Monografie di Gestalt, aprile 2017)
Il termine “competenza” deriva dal verbo latino competere, (da cum e petere) , cioè chiedere, dirigersi a” che significa convergere verso un medesimo punto, ossia “mirare a un obiettivo comune”, nonché “finire insieme, incontrarsi, corrispondere, coincidere e gareggiare”.
Di qualcuno si dice che è competente, quando ha autorità in un certo ambito, o è individuo responsabile, autorizzato, qualificato e quindi abilitato ad agire in modo congruo e appropriato (Cortellazzo e Zolli, 1983).
Competente è dunque chi agisce in maniera deliberata e responsabile.
La Comunità Europea utilizza il concetto di competenze professionali per stabilire gli standard formativi di quella professione e per differenziare una professione da un’altra. Nel caso della psicoterapia il profilo di competenze è la descrizione di una serie di dimensioni utilizzate in un certo grado a seconda dei momenti. Il profilo delle competenze va letto tenendo presente sullo sfondo il codice etico e deontologico della propria professione, non dimenticando mai che quest’ultimo è normativo, mentre il profilo di competenze è solamente descrittivo.
Ciò che contraddistingue lo psicoterapeuta della Gestalt (pdG) è la capacità di:
- saper essere presenti come supporto, cassa di risonanza, guida, risorsa umana, più che come uno psicoterapeuta che impartisce un trattamento;
- adottare un linguaggio che sia familiare al paziente;
- spiegare nel modo opportuno ogni concetto, intervento o dinamica;
- essere coerente, disponibile all’ascolto e supportivo;
- essere empatico e capace di interesse;
- accogliere le difficoltà e discutere come possano essere affrontate in modo
adeguato; - mantenere una presenza psicoterapeutica appropriata in ogni momento;
- sollecitare sempre il feedback del paziente e discutere il processo ed il progresso delle sessioni;
- saper essere presenti in modo non direttivo: lasciare al paziente tempo e spazio per decidere cosa sia più adatto a lui;
- favorire, piuttosto che condurre, il passo e la direzione del processo;
- rispettare il progresso compiuto fino a quel momento, piuttosto che focalizzare la mancanza di miglioramento;
Il processo terapeutico della Gestalt segue la Teoria paradossale del cambiamento: il cambiamento avviene quando un individuo diventa ciò
che è (invece che realizzare qualcosa che vuole diventare); il cambiamento è un processo naturale di crescita e avviene attraverso un processo di consapevolezza crescente, attraverso contatti e assimilazioni.
La costruzione della consapevolezza avviene attraverso le domande:
“Cosa fai?», «Cosa senti?», «Cosa vuoi?», «Cosa ti aspetti?» e «Che cosa eviti?»
che favoriscono la presa di contatto con il sé-nell’ambiente nel qui-ed-ora.
Il paziente è il soggetto dei propri accadimenti, come delle proprie scelte e del proprio destino (ad un livello che può essere di maggiore o minore consapevolezza) e nulla può farci presumere di conoscere l’altro e la via di una sua possibile
migliore realizzazione che non sia lui stesso.
La prospettiva di lavoro è “qui-e-ora” e “now-for-next“: è importante enfatizzare la situazione e il contatto terapeuta-paziente sostenendo la consapevolezza nel momento presente e nel movimento verso il next (a supporto dell’intenzionalità di contatto).
Il tdG osserva come funzionale il Se’ del paziente come funzione emergente al confine di contatto, le funzioni es/io/personalità, il sé come funzione di adattamento creativo, cosa succede nella relazione, come sono le dinamiche figura/sfondo.
La persona oltre a perdere il contatto con il proprio Sè e non sentire cosa accade al confine di contatto, organizza la propria esistenza in forme rigide e ripetitive. Da qui sente il malessere, avverte dei sintomi, assume atteggiamenti disfunzionali. L’intervento del terapeuta gestaltico è rivolto a favorire il contatto con il vuoto originario e facilita la sperimentazione di forme esistenziali più congruenti con il qui e ora.
Per questo è molto importante vedere e utilizzare le risorse del paziente presenti nel campo terapeutico. Il terapeuta è in grado di notare, tenere in primo piano e condividere nel modo e nel tempo appropriato ciò che è positivo.
Lo psicoterapeuta aiuta a sperimentare come la persona sta in uno stato particolare (come stai quando sei in questa tensione? cosa ti dice questa rabbia?), o indirizzare il paziente ad un particolare obiettivo.
Un esperimento nasce dal processo in corso nella relazione terapeutica, è supportato dalla curiosità del terapeuta e non è controllato né dal paziente né dal terapeuta. Un esperimento evidenzia il conformarsi della figura
che sta emergendo nel campo condiviso tra terapeuta e paziente. Esempi di esperimenti spesso utilizzati sono: l’identificazione con le parti, l’utilizzo della “sedia vuota”, l’amplificazione di un movimento corporeo o del modo di verbalizzare, l’esperienza di varie espressioni verbali, l’esplorazione della polarità opposta, il verificare stimoli sensoriali (vista, udito e tatto).
Nella terapia della Gestalt si lavora per completare le situazioni incompiute (unfinished business) che tanto tormentano l’anima.